3.27.2005

DAL PRIMO GIORNO IN THAI

E allora ti chiedi perche'. Devo iniziare dalla fine perche' non sopporto i finali tristi, lasciano addosso una patina difficile da togliere e purtroppo questa storia non ha di certo un lieto fine e io questa sera non sono in grao di inventarne uno. E' una storia di persone senza speranza. Lo senti nelle strade, negli hotel, nei pub e nelle disco. Tutto quasi vuoto. Sovrapoporzionato rispetto alla presenza dei turisti.
Forse le assurde maschere che vendono per le strade servono per nascondere la tragedia ma poi sono pronti a vendere le immagini dei loro morti: anche questo e' teatro. Macabro e disgustoso. Non pagherei un centesimo per avere una di quelle immagini. Anzi mi viene voglia di sputargli in faccia tutto il mio disprezzo per la carne umana che sono disposti a vendere per pochi fottutissimi soldi.

C'e' sempre una coppia che arriva ad ascoltare questo Elvis dai lineamenti orientali. Lui la vuole, lei vuole una vita un po' piu' decente e lui e' il mezzo per ottenerla (forse). Lui e' triste, lei e' infelice. E loro ballano e gli altri aspettano. Ma i turisti non arrivano, e forse non arriveranno mai piu'.

No good, no good. Cosi' dice Momi la mia amica massaggiatrice. Cosi' dicono tutti: no good, no good. Con la loro vocina acuta.

E io provo rabbia, non pieta' per chi ha perso l'orgoglio. Ma anche nessuna comprensione per questo accanimento verso i gia' sventurati.

L'orologio in piazza si e' fermato alle 7.35. Di quel fatidico giorno? Non lo so ma a me piace pensarlo cosi'.